mercoledì 16 aprile 2014

R.I.P.


"Era troppo giovane" ..giovane, non mi sento giovane da un pezzo.
"Perchè? Perchè l'ha fatto, la vita vale la pena di essere vissuta" ..scusa, non sopporto l'umanità.
"È sempre stata una testa calda, si sapeva sarebbe finita così"  ..come darti torto vecchio ciccione.
"Non ha mai smesso di voler morire, era la sua volontà" ..DinDinDin abbiamo un vincitore!!

Sento le loro voci lontane, ovattate, tutto è rallentato, sereno. Sono qui a pochi passi da me, ma li sento lontani anni luce, sono sempre stata abituata a immergermi nelle emozioni degli altri e sopravvivere aggrappandomi ai sentimenti altrui, ma adesso è tutto cambiato, il nulla che ho dentro è diventato un nulla leggero e senza importanza, un nulla più che sopportabile. Intorno a me tutti piangono lacrime colme di senso di colpa. Io, seduta sulla mia lapide nero lucido, una foto che odio a decorare l'angolo destro, banalità incise frettolosamente in un carattere ancor più banale, fiori finti a decorare la mia bara. Dovevo ricordarmi di scrivere due righe su come avrei voluto il funerale. Fischietto una canzoncina allegra, vedere tutte queste persone sconosciute piangere per la mia morte mi diverte, mi fa quasi sentire bene. Non conosco nessuno di tutti loro, eppure piangono come se mi conoscessero. Le uniche due persone che erano effettivamente presenti nella mia vita stanno in disparte, gli occhi velati di tristezza. Vorrei dirgli che mi dispiace, ma la verità è che non mi dispiace affatto.
Nessuno mi aveva mai detto che dopo la morte si vede in bianconero, chi poteva dirmelo in effetti. È strano, ma piacevole. Rende tutto surreale e retrò, come un vecchio film. Chissà se finirà prima o poi questa pellicola.
Tagliarmi le vene è stato meraviglioso, il momento più bello della mia morte, forse il più bello della mia intera vita. Ho fissato il rosso nettare vitale sgorgarmi fuori dai polsi con furia, ho amato il caldo abbraccio del mio fluido color rubino che dolcemente avvolgeva i miei ultimi pensieri. Per la prima volta nella vita ho avuto pensieri felici, pensieri rosso fuoco e non pensieri neri. Mi sono sentita bene, come mai successo prima. Dovevo morire a ventuno anni, come avevo stabilito, non avrei sprecato altri anni a vedere colorato come il resto del mondo e a cercare di capire a cosa servissero tutti quei colori.
Da quando sono morta non c'è nulla di chiaro, mi aspettavo di morire e di diventare immediatamente un nulla organico utile solo a cibare vermi, invece mi ritrovo a fluttuare a tre metri dal mio corpo candidamente immobile, mi vedo bella come non mai. Avrei potuto accettare una qualsiasi divinità che mi smistasse nel reparto adatto con il cappello parlante di Harry Potter, oppure una piacevole gita in barca con Caron dimonio con occhi di bragia. Di certo non mi aspettavo un niente così vano. Sono qui ad attendere qualcosa, o forse dovrei fare io qualcosa, forse sono in sospeso e devo risolvere i miei problemi terreni per andare da un'altra parte, ma se non posso allontanarmi più di tre metri dalla mia salma, come posso infestare case e fare tutte quelle cose divertenti che fanno i fantasmi?!

"Era una persona particolare, aveva i suoi problemi e ha perso la fede nella vita.. blablabla.. la ricorderemo con affetto e la perdoneremo per essersi tolta la vita, come Dio perdona i nostri peccati"


Che cazzo sta dicendo questo?! Non ho mai creduto in Dio. Chi parla è un signore di mezza età, gli occhi ravvicinati e piccoli, le labbra umide e sottili che si mordicchia di tanto in tanto, un fazzoletto in mano con cui si tampona la fronte a intervalli regolari, non fa caldo, ma la camicia che indossa ha due disgustosi aloni bagnati sotto alle ascelle; ha l'aria della persona viscida, non ha idea di chi io sia e vomita parole amorfe e senza significato in faccia ad una massa di sconosciuti. Una bella messa in scena. Il premio miglior attore non protagonista va alla signora in terza fila, le sue lacrime sono così reali che ad un certo momento ho creduto quasi di averla incrociata un paio di volte sul pianerottolo di casa.
Il tizio ha finito di parlare e la gente ha smesso di sgorgare senso di colpa dagli occhi cominciando ad andarsene velocemente, quasi scocciata di aver perso una mezz' ora davanti ad un cumulo di terra, come dargli torto.
I miei due compagni di vita si avvicinano a quello che sarà il mio riposo(?) eterno, non piangono, ma qualcosa nei loro occhi è cambiato, sembrano quasi velati di bianco, come gli occhi degli anziani, sono arrabbiati con me. Per un secondo penso di aver fatto un errore. No, ho fatto la cosa giusta o non mi sentirei così in pace.

"Quindi alla fine l'ha fatto.."

"Già."
"Qualcosa l'ha portato a termine finalmente."
Hanno capito tutto. Hanno sempre capito tutto. Un silenzio che sembra interminabile squarcia il cielo. Si scambiano un' occhiata colma di mille pensieri e ricordi, uno di quegli sguardi capace di farti piangere, urlare e ridere allo stesso tempo, un po' come la sensazione di lanciarsi nel vuoto, un po' come essere innamorati. Vorrei rientrare un attimo nel mio corpo per abbracciarli e dirgli che non mi sono mai sentita così bene, che non sono pentita e lo rifarei altre mille volte. Non è vero, non voglio tornare in quel corpo, non voglio più vedere i colori, sto così bene in questo inconsistente limbo bianco e nero.
Uno dei due tira fuori una spilla da balia, la riconoscerei ovunque, è quella che ha bucato la mia pelle tutte le volte che qualcosa andava storto, è il mio più importante feticcio. Sulla punta una minuscola goccia di sangue, il mio, pieno di dolore ed esperienza, moniti e imposizioni. Lo sguardo di entrambi è fisso su quell' ultimo briciolo del mio plasma. Una lacrima solca lentamente la guancia di quello che pensavo fosse il meno emotivo, mi lancio verso di lui a raccoglierla prima che dal mento cada a terra e vada sprecata, mi trapassa la mano bruciando come un frammento di lava incandescente. In quel momento tutto il loro dolore mi si riversa addosso, come migliaia si spilli che mi penetrano ovunque, non sono più fatta di carne e non mi capacito di come possa provare tutta quella sofferenza. Forse questa è la vera morte.
In un istante tutto cambia, il loro sguardo sembra meno appesantito, si prendono per mano, un lieve sorriso si disegna sulle loro labbra. Lasciano cadere la spilla sul mio letto di morte.

"Starà bene."
Un urlo di straziante e impercettibile dolore mi esce dalle labbra, il viso mi si contrae in una smorfia di pura sofferenza, il bianco è sparito, solo nero in torno a me. Non riesco a pensare, affogo in quella lacrima e nei loro sentimenti. Con l'ultimo mio briciolo di esistenza mi sforzo di aprire gli occhi, vedo le loro schiene sparire in una fitta e nera nebbia irreale. Riesco chiaramente a vedere la fine. In uno spasmo di disperazione sparisco. Tre parole galleggiano nel vuoto, tutto quello che rimane di me..



Ora sto bene
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